Calcetto tra Sisoguichi e “pattinaggio”
David dal Messico…
02.08.2012 – Per chi non lo sapesse, David e Lorena hanno aperto un blog nel quale raccontano la loro avventura centro-sud americana. E’ un bel diario di viaggio che ci presenta squarci di una vita quotidiana ben diversa dalla nostra, sicuramente più povera dal punto di vista materiale, ma molto, molto ricca di sentimenti.
Vi invito a darci un’occhiata: http://davidlorena.altervista.org
Anche in queste situazioni il nostro “piccolo Ulf” non riesce a staccarsi dal calcio e allora ecco qui una sua bella riflessione pallonara che collega Sisoguichi a Telve…
Quando non lavoro fino a tardi e non ho altri impegni mi ritrovo con i ragazzi del paese a dare calci al pallone in un campetto di cemento vicino l’ospedale. Tale struttura é stata costruita da poco, donata alla comunitá da un benefattore. Si tratta di un campetto ovale chiuso da un muretto alto di cemento.
Non esistono fuori e valgono le sponde. Non essendoci rimesse laterali, non ci sono soste e si corre come pazzi, con grande gioia per i polmoni, messi a dura prova dal poco ossigeno, considerando che siamo ad un’altitudine di 2500 metri. Non nascondo che mi diverto come un bambino e verso le otto, quando devo scappare per la cena, mi dispiace lasciare il campetto
Ad ogni partita mi sembra di tornare indietro di vent’anni, quando ci trovavamo al piazzale dell’oratorio a sfidarci in epiche finali. Dopo la prima partita c’era la rivincita, e poi la bella e poi la bella della bella fino a quando il pallone non si vedeva piú. Quando ci rendevamo conto che il buio era calato sul pattinaggio, correvamo a casa per evitare le sgridate della mamma.
Pallone ufficiale dell’evento era il mitico Super Tele, che l’Erminia Rossi vendeva a 500 lire, confezionato nella sua immancabile rete tagliadita. Era il terrore dei portieri per le traiettorie impossibili che assumeva, magari dopo una puntata maligna dell’attaccante. Nei giorni di vento, veniva sostituito dal più solido Tango. Spesso un atroce destino attendeva queste colorate sfere. I palloni che superavano la recinzione finivano nell’orto del vicino, il temibile “Natalon”, che non aveva pietá e li tagliava con l’accetta, bestemmiandoci addosso.
Le porte erano disegnate sui muri di cemento che circondavano il campetto. Gli idoli dell’epoca erano presenti alle nostre partite, con i loro nomi scritti dentro le porte. Maradona e Zico. Solo che a Zico mancacava l’incrocio dei pali, perché il muretto era piú basso, e questa mancanza era il pretesto per scatenare furiose, eterne liti dell’“era gol- non era gol”.
Se solo quei muri potessero parlare… quante finali interminabili hanno visto. Quanti ragazzi divertirsi, saltare e urlare. Il mitico pattinaggio, che non ho mai capito perché si chiami cosí, visto che non ho mai visto nessuno pattinarci sopra.
Nelle fresche serate di Sisoguichi mi sembra di rivivere quelle emozioni. Negli occhi dei giovani del paese rivedo ancora lo stessa voglia di giocare e divertirsi sanamente in strada, voglia che accumunava me e gli amici della mia generazione. In questo villaggio, forse perché l’eccesso di tenologia non é ancora arrivato o forse solo perché non se lo possono permettere, mi sembra di vivere nella mia Telve di quando ero ragazzo. Quando ancora non ci si rinchiudeva in casa a rimbambirsi davanti un televisore o un computer, senza internet né playstation, solo con tanta libertá e fantasia di inventarsi centinaia di giochi differenti. Giraravamo per le strade in bicicletta, con le carte da gioco attaccate ai raggi della ruota. Collezionavamo i “Monster” e giocavamo per ore senza stancarci a “Indovina chi?”, pur sapendo tutti i personaggi a memoria. Nel doposcuola c’era il mercato delle figurine Panini. Mancava sempre il dannato Galia della Juve per finire l’album, con pile di scudetti doppi della serie C2: come dimenticare le squadre come il Casale, il Casarano, il Derthona, il Fanfulla?
L’epoca dell’oratorio e delle mitiche sfide alla “tedesca” in Via Vittorio Veneto é forse quella che piú mi torna in mente quando penso alla felicitá. Ed é davvero bello poter rivivere le stesse emozioni, vent’anni dopo, in questo disperso paesino tra le montagne messicane.
(GO)
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